la chiesa e il campanile di pierantonio inagibili f1La gente: «Grati al nostro vescovo Ivan per essere venuto tra noi, a meno di 24 ore dalle scosse.  Siamo certi di rivederlo presto». La vicinanza concreta della Chiesa attraverso la Caritas


(UNWEB) C’è tanta preoccupazione ed ancora molta paura tra la gente messa a dura prova dalle scosse di terremoto verificatesi lo scorso 9 marzo nell’Alta Umbria. Le previsioni della Protezione Civile, una volta completati i sopralluoghi da parte dei suoi tecnici e Vigili del Fuoco, parlano di oltre 500 persone sfollate residenti a Pierantonio (Umbertide), Sant’Orfeto (Perugia) e zone limitrofe, le cui comunità parrocchiali insistono nell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve.

La prima domenica. Quella del 12 marzo è stata la prima domenica trascorsa da terremotati per alcune migliaia di persone, trascorsa, come raccontano parroci e collaboratori parrocchiali, «tra preoccupazione e speranza». Quest’ultima alimentata anche dalla presenza dell’arcivescovo Ivan Maffeis nei centri abitati segnati dal sisma. «Il nostro vescovo Ivan è venuto in mezzo a noi, a meno di 24 ore dalle scosse, facendoci sentire la vicinanza della Chiesa. Siamo Certi di rivederlo presto tra noi… Una vicinanza concreta, fin dalle prime ore, per l’opera dei volontari Caritas non limitata agli aiuti materiali, ma di ascolto a tanti di noi impauriti». È il commento di alcuni parrocchiali di Pierantonio e Sant’Orfeto, raccolto domenica scorsa, a margine della celebrazione della s. messa tenutasi nella chiesa della vicina località di La Bruna (l’unico edificio di culto della zona dichiarato agibile), dove si sono ritrovati in diversi a condividere l’Eucaristia e a pregare per lo scampato pericolo e per una rapida ricostruzione materiale e sociale.

Segnali di speranza. L’“atmosfera” che si vive nell’Alta Umbria è colta nelle testimonianze riportate di seguito. Il diacono Aristide Bortolato, impegnato non poco nel servizio della Carità, commenta: «La sofferenza e il dolore degli abitanti sono grandissimi. C’è chi ha perso sia la casa che il lavoro. Siamo chiamati ad affrontare un primo aspetto che possa portare un senso di vera speranza. Dal punto di vista psicologico tante persone non stanno riuscendo ad affrontare questa situazione e ho incontrato e parlato al telefono con numerosi pierantoniesi che chiedevano consigli. C’è stata anche una bellissima testimonianza. Una famiglia ha dovuto lasciare la sua casa perché è stata completamente devastata dalle scosse. Le uniche cose che si sono salvate sono stati un crocifisso esposto sugli scaffali di una libreria e una immagine della Sacra Famiglia. È stato visto come un segnale di speranza. Gli abitanti di Pierantonio hanno molto apprezzato la presenza della Chiesa, con la visita di venerdì del nostro arcivescovo Ivan e dei sacerdoti con responsabilità diocesane, don Riccardo Pascolini e don Simone Pascarosa. È un segno di vicinanza che ha fatto rifiorire molti aspetti interiori».

Il parroco della zona-epicentro del sisma, don Anton Maricel, parla di «una domenica vissuta con ansia e speriamo che tutto torni presto alla normalità. Tante persone di Pierantonio e di Rancolfo domenica mattina hanno voluto partecipare alla messa che ho celebrato a La Bruna. Ancora c’è molta paura. Ho incontrato molta gente e dai loro volti si è colto il dolore causato dal terrore del terremoto e dai danni che le loro case hanno avuto. Ho visto tante persone piangere, perché hanno perso la propria casa. Dobbiamo farci coraggio con la preghiera e avere la forza per affrontare insieme la difficile situazione».

Non cedere alla paura. Don Renzo Piccioni Pignani, storico parroco di Montecorona e rettore dell’abbazia-basilica minore di San Salvatore (secolo XI), ha trascorso insieme ai suoi parrocchiani la prima domenica post-sisma, trasmettendo loro serenità nella consapevolezza di essere nuovamente in emergenza, celebrando, con un centinaio di fedeli, un battesimo già programmato, nella cripta del complesso abbaziale. Solo la chiesa ha subito lievi lesioni ed è stata temporaneamente chiusa al culto in via precauzionale. Chiusura, come spiega il rettore, che di fatto avviane da anni nel periodo invernale per riaprire poi in estate. «Alle messe di domenica scorsa delle ore 9, 11 e 18 – raccolta il sacerdote – la partecipazione di fedeli è stata un po’ meno delle precedenti. E questo è comprensibile per la situazione che stiamo vivendo, ma la nostra gente non ha perso la fede con le scosse. Certamente sono persone molto provate, preoccupate del loro futuro nuovamente incerto… In meno di quaranta anni è il quarto terremoto che viviamo. Ricordo quello del 1984, era una domenica ed io stavo celebrando messa all’Eremo di Montecorona… Ci spaventammo e proseguimmo la celebrazione all’aperto. Fu un gesto istintivo, ma anche un gesto di voler continuare la vita di sempre e di non cedere alla paura, affidandosi alla fede e alla speranza che devono prevalere, anche nei momenti più bui, in ogni figlio di Dio e in ogni uomo».

Soprattutto ascolto. Altra testimonianza raccolta è quella della responsabile della Caritas parrocchiale di Pierantonio, la signora Cristiana Madau: «Come Caritas abbiamo la nostra sede inagibile, ma stiamo cercando di dare il nostro sostegno alle persone che sono rimaste senza casa. Ci sono molte situazioni difficili, perché il 90% delle abitazioni del centro di Pierantonio è inagibile, i commercianti rischiano di non riaprire più. Il sentimento comune è di non lasciare morire il paese. Il nostro, al momento, è un’opera soprattutto di ascolto e di sostegno psicologico a chi soffre. Domenica mattina siamo stati a messa alla chiesa de La Bruna. È stata una domenica molto diversa dalle altre dove l’ascolto e la necessità di dare un qualcosa agli altri si sono fatti ancora più impellenti».

L’attività Caritas. Nella prima giornata di emergenza, Caritas diocesana e parrocchiali non hanno fornito solo aiuti materiali, ma hanno svolto un’opera di ascolto da parte dell’equipe di assistenti sociali della stessa Caritas diocesana, coordinata da Silvia Bagnarelli, per le famiglie che hanno dovuto lasciare la propria casa. «Quando si verificano delle gravi calamità naturali come un sisma – spiegano in Caritas –, le persone più fragili e con maggiori difficoltà diventano anche quelle più vulnerabili a cui non bisogna fare mancare attenzione e sostegno». Nel caso specifico del sisma dello scorso fine settimana, la Chiesa si è affidata a operatori e a volontari Caritas che hanno portato anche aiuti materiali, come i pasti caldi preparati dalla mensa “Don Gualtiero” del Villaggio della Carità di Perugia per diverse decine di famiglie che hanno trovato accoglienza, fin dalla notte tra il 9 e il 10 marzo, nei Cva di Pierantonio e Sant’Orfeto, e per quelle accolte in strutture diocesane del capoluogo umbro. Va anche segnalata l’opera svolta a tarda notte dai volontari Caritas dell’Unità pastorale di Ponte Pattoli nei suddetti Cva.

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