Suona come grido di allarme il rapporto di Fisac Cgil sulla condizione degli istituti di credito in Umbria. Una vera propria emorragia di filiali bancarie che negli ultimi anni sta contribuendo alla difficoltà, se non impossibilità, di accedere agevolmente al credito da parte di cittadini umbri. 

I numeri

Una crisi economica che morde da più di dieci anni, aggravata dalle conseguenze dell’emergenza sanitaria sull’economia, sta indebolendo drammaticamente la possibilità di “respiro” di consumatori, artigiani e professionisti:  “Dal 2010 nella nostra regione – si legge nella nota di Fisac Cgil – sono state chiuse più di 170 filiali, quasi un terzo del totale – rimarcano dal sindacato – Solo tra il 2018 e il 2019, secondo i dati di Bankitalia, l’Umbria ha perso 24 filiali, di cui 18 in provincia di Perugia e 6 in quella di Terni, mentre i dipendenti del settore sono passati da 3.342 a 2.919 con una perdita di oltre 400 posti di lavoro, in linea, purtroppo con l’andamento delle regioni del Centro, mentre il solo Piemonte ha visto un consistente aumento grazie ai grossi investimenti effettuati nell’information tecnology”.

Questo, sottolineano dal sindacato, significa per l’Umbria che interi pezzi di territorio, soprattutto nelle aree interne, sono rimasti completamente scoperti: solo 75 Comuni umbri, sui 92 complessivi, hanno oggi sportelli bancari. 

Secondo la Fisac Cgil, la situazione di emergenza sanitaria avrebbe determinato il sovradimensionamento delle domande di credito (agevolato) e sussidi, che sono stati gestiti, nella migliore delle ipotesi, da personale “contingentato” al 50%. “Non basta la ‘garanzia dello Stato’ a sbloccare il credito – osservano dal sindacato – se dietro non ci sono lavoratrici e lavoratori competenti in grado di garantire la massima conformità all’applicazione delle procedure”.

Prosegue la politica dei tagli al personale

Lo sguardo verso il futuro non sembra essere incoragginante: “Anche in prospettiva – osserva la Fisac Cgil – i segnali non sono certo positivi visto che grandi gruppi come Intesa, Unicredit e Mps continuano nella loro politica di tagli e chiusure, visto che Cro (Cassa di risparmio di Orvieto) vive in un limbo con un futuro molto incerto e che un’altra banca umbra perde di fatto il suo centro direzionale: è il caso di BCC Umbria che, fusa con Banca Cras (Toscana) in Banca Centro, vede realizzato un ‘riassetto delle poltrone’ a danno del presidio del territorio”. 


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Infine, una riflessione sulla connessione fra accesso  al credito e territorio: “È evidente che la politica di impoverimento del territorio e di tagli occupazionali andata avanti negli ultimi anni diventa ancora più insostenibile in una fase come questa. L’auspicato rilancio economico del paese e dell’Umbria non può che passare da un ruolo forte del credito sul territorio, a sostegno di imprese e famiglie. Ecco perché – conclude la nota – diciamo basta alla politica delle chiusure e chiediamo alle istituzioni regionali e locali di far sentire la propria voce rispetto alle scelte dei gruppi bancari che troppo spesso hanno penalizzato l’Umbria”.  



Fonte articolo Terni Today

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