Il recente caso dello stop alla pesca dei ricci di mare ha riacceso i riflettori su un tema di cui si parla da già da qualche anno. Alcuni cibi che siamo abituati a mangiare potrebbero non far più parte della nostra dieta. Ne abbiamo parlato insieme al professor Luigi Mariani.

Il Consiglio regionale pugliese, lo scorso marzo, ha messo la parola fine alla pesca dei ricci di mare, anche a fini sportivi. Per ben tre anni è previsto il divieto di prelievo, di raccolta e detenzione ma anche trasporto, sbarco e commercializzazione dei ricci pugliesi al fine di recuperare “gli stock e la ricostituzione della risorsa nel mare territoriale, messa a rischio dal massiccio prelievo effettuato negli ultimi anni”. In una nota, il consigliere Paolo Pagliaro – primo firmatario della legge – ha fatto sapere che si tratta “di un fermo necessario, anzi indispensabile, per non perdere definitivamente questa specie ormai decimata e a rischio estinzione” riaccendendo nuovamente i riflettori su quelli che sono i cibi a rischio estinzione in Italia.

Quali sono i cibi in pericolo

Fragole, pesche, albicocche, ciliegie e prugne sono tra i frutti maggiormente esposti alla scomparsa. Questo perché necessitano di condizioni metereologiche e temperature tra i 25° e i 30° per poter maturare. Alla stessa maniera potrebbe scomparire l’ormai super diffuso e amato avocado che per riuscire a crescere ha bisogno di almeno 270 litri di acqua. La sushi-mania, inoltre, sta mettendo in grave pericolo anche uno dei pesci più veloci presenti in natura: il tonno dalla pinna blu. La popolarità delle specialità giapponesi ha già fatto registrare un calo della sua presenza del 96% solo nel Pacifico del Nord.

Siamo pronti a dire addio al cioccolato?

Il World Economic Forum ed il World Food Programme hanno realizzato una mappa interattiva (che purtroppo non coinvolge il nostro Paese, nda) attraverso cui conoscere i cibi a rischio di ogni continente. A spadroneggiare in questa classifica c’è l’amatissimo cioccolato. Prodotto principalmente in Costa d’Avorio e Ghana, rischia di non essere così reperibile in futuro. Il clima è infatti sempre meno adatto a ospitare le piante.

Attualmente i principali produttori di cacao al mondo, come appunto Ghana e Costa d’Avorio, sono posti in cui le temperature stanno rapidamente cambiando. Secondo la geopolitologa francese, Virginie Raisson, membro del cda di Medici senza frontiere, nel 2038 non ci sarà più cioccolato per tutti. L’esperta lo ha messo nero su bianco nel suo libro “2038 – Atlante sui futuri del mondo” in cui spiega come la domanda di cacao sia ormai spropositata rispetto a quanto se ne riesca a produrre alla luce dei cambiamenti climatici.

Addi e nuovi arrivi: cosa mangeremo in futuro

Quali sono i nuovi alimenti con cui dovremo imparare a convivere lo ha spiegato a upday il professore dell’Università Statale di Milano Luigi Mariani, agronomo, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell’Agricoltura e vicepresidente della Società Agraria di Lombardia.

In che modo il cambiamento climatico sta incidendo in agricoltura?

Il cambiamento climatico ha reso produttive zone della Siberia che fino a 30 anni fa non lo erano. Questo significa che anche l’agricoltura si sposta, si muove e si evolve. Il clima, in alcuni casi più mite per regioni del mondo non abituate a quelle temperature, sta consentendo di sviluppare coltivazioni impensabili.

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In Italia oggi abbiamo quasi 600 mila ettari di terreni coltivabili ed erano un milione e centomila fino a vent’anni fa ma non a causa del cambiamento climatico bensì perché abbiamo deciso di non fare Ogm, di non fare innovazione. Se tutto dipendesse solo dal cambiamento climatico non avremmo casi come quello della Polonia che, ad esempio, è passata dal coltivare 500mila ettari di mais a un milione e centomila in venti anni.

Pare che il cioccolato sia uno dei cibi in via di estinzione

Penso che, se c’è una domanda, l’offerta si creerà rapidamente in altro modo. Si troveranno altri posti nel mondo in cui coltivare. Bisogna tenere ben presente che, una cosa sono le proiezioni, altra cosa è la realtà. Non possiamo davvero sapere se nel 2038 dovremo razionare il cioccolato per poterlo mangiare tutti.

Mentre alcuni cibi scompaiono, altri fanno capolino sulla nostra tavola?

Se guardiano all’antichità troviamo cibi che oggi nemmeno riusciamo a immaginare. Basti pensare che San Giovanni Battista mangiava cavallette. L’allarmismo sui cibi in via di estinzione dipende molto anche dall’ostracismo rispetto a un’alimentazione a base di insetti che è ancora più antica di quanto si possa immaginare. I nostri parenti più prossimi che sono i gorilla e lo scimpanzé sono mangiatori di insetti e noi stessi mangiamo già cibi non propriamente privi, ad esempio il “casu frazigu”, il formaggio pecorino colonizzato dalle larve.

Quindi dobbiamo essere pronti ad abbondare cibi convenzionali?

Non ci saranno solo cibi canonici, ma è sempre accaduto nella storia. Dallo stretto di Bering migliaia di anni fa i cacciatori asiatici hanno percorso tutti i continenti, mangiando tutto il mangiabile. Ci sono, ad esempio, tracce di alghe marine raccolte che venivano mangiate regolarmente, quindi direi che nella cultura delle donne e degli uomini del pianeta c’è per natura un’apertura alla contaminazione e all’uso di nuove sostanze alimentari. Dobbiamo tenerne conto, senza essere disgustati dall’aprirci al futuro.

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