Le minigonne? Vietate. Al pari delle scollature, espressione di un «atteggiamento che mira a offrire prestazioni sessuali a pagamento». Prostituzione, insomma, tradotto dal burocratese. Almeno a Terni, dove un’ordinanza comunale, che dichiara “guerra al degrado urbano”. Lo fa consegnando alla scienza un assioma discutibile: quello che equipara tutte coloro che indossano abiti succinti a meretrici di professione.
«Stiamo conducendo una battaglia contro la prostituzione», prova a chiarire sindaco Leonardo Latini, eletto in quota Lega. Il nesso non è chiarissimo, al contrario dell’entità delle multe che saranno comminate alle cittadine che si rifiuteranno di rinnovare il guardaroba: sanzioni da 200 a 500 euro. Più del doppio rispetto a chi guida senza casco. Sarebbe stato un compito perfetto per la Buoncostume, ora se ne occuperà la Municipale.
La scure si abbatterà anche nei confronti di tutte coloro che si macchieranno di “saluti allusivi”, là dove spetterà alle forze dell’ordine discriminare tra le allusioni e i cordiali saluti. Nell’ordinanza – si legge – sarà inoltre «vietato chiedere informazioni ai soggetti che pongono in essere gli atteggiamenti sopraindicati». Si potrebbe pensare che sarà dunque meglio evitare di chiedere l’ora alla fermata dell’autobus, a meno che colei che ha fornito “l’informazione” non sia abbigliata di tutto punto.
L’ordinanza è valida dal 1 ottobre al 31 gennaio 2022. Alla base, spiega il sindaco Latini, c’è «l’aumento della prostituzione in strada e la conseguente insicurezza per i cittadini». Oltre al desiderio di tutelare il riposo notturno da «urla, schiamazzi, con epiteti verbali nei confronti di tali soggetti da parte di potenziali clienti, rumori di veicoli con brusche frenate e ripartenze, portiere d’auto o ancora contrattazioni ad alta voce delle prestazioni e reiterati alterchi che spesso degenerano in vere e proprie risse»
Dai banchi delle opposizioni intanto si levano cori di sdegno. «Non siamo in Afghanistan, ma in Umbria»:la senatrice umbra 5 Stelle Emma Pavanelli evoca il regime talebano per criticare il provvedimento. “Il sindaco di Terni emana un’ordinanza che impone alle donne il divieto di abbigliamento «provocante, pena l’equiparazione a prostitute». Sulla stessa falsariga il giudice di Cassazione Angelo Socci: «Roba da Medioevo». Più articolata la disamina di Federico Burgo, vicepresidente dell’associazione Terni Valley: «Siamo in una società antica e patriarcale, oltre che paternale – chiosa – come sempre, a rimetterci sono le donne, e un ideale di abbigliamento che non solo non è chiaro (sono quindi vietate le gonne? E di quale lunghezza? Sono vietate le scollature, e di quale profondità?), ma va a ledere la libertà individuale in nome di un decoro tanto ridicolo quanto anacronistico».
Redazione articolo a cura di Alessio Di Sauro per La Stampa