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(ANSA) – TRIESTE, 11 AGO – Se sia stato davvero un miracolo
in senso religioso rientra nella sfera della fede, ma che lo sia
stato dal punto di vista militare è innegabile. La vittoria
polacca a Varsavia del 15 agosto 1920 risolse una situazione
disperata nella guerra con la Russia, salvò la Polonia da una
disfatta irreparabile e suturò la via di penetrazione del
bolscevismo in Europa: i polacchi chiamano «Miracolo della
Vistola» l’intercessione della Madonna nel giorno
dell’Assunzione che impedì la caduta della capitale e rovesciò
le sorti del conflitto. In caso di successo dell’Armata Rossa,
la rivoluzione sarebbe penetrata in Germania e le conseguenze
sarebbero state epocali. Il 2 luglio un euforico generale
Michail Nikolaevič Tuchačevskij aveva lanciato l’ordine del
giorno: «La via della rivoluzione mondiale passa sul cadavere
della Polonia». In tre settimane di combattimenti l’esercito
bolscevico era entrato a Vilnius, Mińsk, Grodno, Brest-Litovsk,
Białystok. Rovno era caduta il 4 agosto e la cavalleria dell’ex
sergente promosso generale Semën Michajlovič Budënnyj era
penetrata in Galizia. Tuchačevskij aveva spazzato via le armate
polacche.

Il conflitto era divampato in maniera quasi casuale per andare a
riempire il vuoto di potere determinato dalla ritirata delle
truppe tedesche dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale:
la Polonia rinata intendeva recuperare le ultime frontiere
legali del 1772 e l’Armata Rossa invece voleva cancellare le
mutilazioni territoriali inflitte all’impero russo con la pace
di Brest-Litovsk. Il contatto tra i due eserciti avviene nel
febbraio 1919, nell’indecisione delle Potenze vincitrici che non
hanno ancora le idee chiare su come ridisegnare quell’area
dell’Europa e sull’assetto della Russia in piena guerra civile.

In un primo tempo i piani politico-militari del Maresciallo
Józef Piłsudski che prevedevano la creazione di un sistema di
stati federati a guida polacca nell’Europa centro orientale
parevano essersi realizzati: occupata Vilnius ad aprile, a
settembre le armate polacche erano arrivate sino alla
Bielorussia e all’Ucraina. L’8 dicembre le Potenze attribuivano
alla Polonia il «diritto ad organizzare una regolare
amministrazione nei territori dell’ex impero russo situati a
ovest» di un tracciato di demarcazione noto come Linea Curzon, e
se la Polonia avesse poi contribuito a tenere la rivoluzione
fuori dell’Europa e avesse impedito alla Germania di
intrattenere relazioni con la Russia, in futuro le sue richieste
territoriali sarebbero state accolte «nei limiti della
ragionevolezza». Il 22 dicembre il commissario agli esteri
Georgij Vasil’evič čičerin, a nome del governo rivoluzionario
russo, avanzava profferte di pace per poter risolvere nel
frattempo il braccio di ferro con i Bianchi controrivoluzionari.

Piłsudski invece aveva compreso che un successo risolutivo
avrebbe messo la Polonia al sicuro, scegliendo di respingere
l’offerta e la Linea Curzon, e riprendendo le ostilità. Il 28
gennaio 1920 čičerin metteva in guardia Varsavia che le Potenze
stavano usando la Polonia nella «guerra criminale contro la
Russia» e garantiva che l’Armata Rossa non avrebbe oltrepassato
comunque la linea dell’8 dicembre.

Il governo polacco dà allora il via libera a trattare il 27
marzo ma Piłsudski temporeggia e, alleatosi con gli ucraini di
Simon Vasil’evič Petljura il 26 aprile sferra l’offensiva. L’8
maggio un’armata polacca e alcune divisioni ucraine entrano a
Kiev. I russi contrattaccano con un esercito di quasi 100.000
uomini agli ordini dei generali Kamenev, Tuchačevskij ed Egorov,
col forte contingente di cavalleria di Budënnyj. Una
spettacolare avanzata in Ucraina, costringe al ripiegamento la
5ª armata polacca di Władysław Sikorski lungo il Bug e il Dnestr
e il 10 giugno cade Kiev. La conferenza internazionale di Spa,
il 5 luglio, è chiamata dagli eventi a esaminare come evitare il
collasso della Polonia. Il 12 luglio lord Curzon, fautore della
linea dell’8 dicembre, propone il ritiro dei due eserciti a 50
chilometri da quella demarcazione. I bolscevichi, forti della
favorevole situazione militare, replicano a Curzon pretendendo
trattative dirette con Varsavia, dove intanto cade il governo
Grabski. Parigi fa presente agli Alleati che la sconfitta della
Polonia avrebbe significato «la distruzione del trattato di
Versailles» e pertanto era necessario soccorrerla prima che
fosse troppo tardi, ma Lloyd George è irremovibile sul punto che
la Polonia deve rientrare nei confini etnici e non ambire a
quelli storici. I francesi inviano una delegazione militare a
Varsavia, di cui fa parte Charles De Gaulle, dopo che Parigi
aveva fornito equipaggiamenti e materiale bellico il cui arrivo
era stato ostacolato da scioperi e blocchi dei lavoratori
ferroviari e portuali solidali con i bolscevichi. Il 12 agosto
Varsavia è sotto assedio e a un passo dalla capitolazione.

Chiunque possa tenere in mano un fucile è al fronte.

L’artiglieria russa martella la città. Ma il 6 Piłsudski aveva
elaborato un piano. Le aperte rivalità tra Stalin, Egorov e
Budënnjy hanno fatto perdere la coesione all’esercito bolscevico
già provato da una campagna logorante. Il 14 agosto l’iniziativa
passa nelle mani polacche. Le truppe dei generali Haller e
Sikorski contrattaccano i russi, Piłsudski compie una manovra
avvolgente con la 4ª armata per isolare le retrovie russe (anche
se per alcuni storici la paternità della manovra sarebbe stata
del generale francese Weygand) e si compie quel che i polacchi
chiamano «il miracolo della Vistola». L’assedio di Varsavia è
spezzato e l’esercito polacco avanza di successo in successo
ricacciando i russi oltre il confine tedesco della Prussia
orientale e sbaragliando la temutissima cavalleria di Budënnjy.

I polacchi dilagano e le trattative di pace a Mińsk vedono un
rovesciamento di ruolo. I russi devono subire quel che prima
stavano imponendo. Il 2 settembre i negoziati vengono spostati a
Riga e i preliminari di pace sono sottoscritti il 12 ottobre. Il
trattato sarà firmato invece il 18 marzo. La Linea Curzon è
stata sopravanzata in alcuni tratti anche di 200 chilometri. Il
trattato di Riga è una pace tattica che solo per ora assicura le
frontiere orientali della Polonia. Stalin farà il possibile per
vendicare quella sconfitta e ne porrà le premesse col Patto
Ribbentrop-Molotov del 23 agosto 1939. Il 17 settembre l’Armata
Rossa invaderà la Polonia senza dichiarazione di guerra. Non ci
sarà nessun altro «miracolo della Vistola». (ANSA).





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