Dopo tre anni di lavoro la regione Umbria ora si candida, credibilmente, ad essere il nucleo centrale per la costituzione della filiera italiana del Luppolo, in termini di ricerca, produzione, trasformazione e commercializzazione. ‘Luppolo Made in Italy’, questo il nome della Rete di imprese, è nato in Umbria, regione che punta quindi a diventare il cuore di questa filiera.
Un consorzio, con sede a Città di Castello, di 13 aziende agricole, agroalimentari e di innovazione tecnologica che dall’Alto Tevere hanno iniziato a muovere i primi passi. “Abbiamo lavorato per vedere se c’erano le condizioni per costituire la filiera del luppolo italiano in Umbria e dopo due anni di sperimentazione in campo e tre anni di progetto possiamo dire proprio di sì”, afferma Stefano Fancelli, presidente della Rete di Imprese ‘Luppolo Made in Italy’ nell’annunciare un importante convegno.
All’incontro ‘Luppolo Made in Italy: la Filiera del Luppolo italiano’, in programma giovedì 29 ottobre a Città di Castello, parteciperanno esponenti delle istituzioni regionali, del Ministero dell’Agricoltura e di quello dello Sviluppo economico, rappresentanti di enti e associazioni di settore che compongono la filiera (Assobirra, UnionBirrai, Consorzio Birra italiana, Aiab, Cia) e anche gli altri principali stakeholders (CERB, CNR IBBR). Oltre che, con le loro testimonianze, rappresentanti delle aziende della Rete.
Una sorta di “d-day” per presentare i risultati raggiunti dal progetto dal cuore umbro ma di respiro nazionale ‘Luppolo Made in Italy’, finanziato dalla Misura 16.2.1 sulla cooperazione e innovazione delle Reti di nuova costituzione del Piano di Sviluppo Rurale della Regione Umbria, ma soprattutto per guardare già avanti e lanciare anche una sfida ai maggiori competitori dell’Italia, come la Germania.
Il progetto di filiera intende quindi collocare il Luppolo umbro all’avanguardia nel panorama europeo, e non solo italiano, di produzione di questa coltura. Appoggio fondamentale è quella della Regione Umbria, grazie al sostengo economico del PSR per iniziative che mettono insieme più aziende agricole e a cui si aggiunge, inoltre, un corposo investimento privato da parte delle imprese della Rete.
L’Umbria ci crede quindi anche perché ci sono sia i produttori che le competenze necessarie per creare la filiera del luppolo, “una nuova eccellenza nel panorama delle produzioni agricole del nostro territorio” come la definisce l’assessore regionale all’agricoltura Roberto Morroni.
A dare solidità scientifica al progetto ci sono poi il CERB, il Centro di eccellenza di Ricerca sulla Birra dell’Università di Perugia, che coordina le attività di ricerca e innovazione, e il CNR IBBR, un istituto specializzato nella genetica che è riuscito a recuperare nel territorio regionale 40 ecotipi di luppolo, pianta a fiore che nasce in maniera spontanea in Umbria.
Un progetto di ricerca in cui è centrale il tema dell’innovazione e della sostenibilità (economica, sociale e ambientale) e che sta creando nuove varietà a base genetica italiana per un prodotto di eccellenza.
Il luppolo – oltre che per la produzione di prodotti medicinali e cosmetici, di cooking e preparati alimentari, di floricoltura e vivaismo, per alimentazione animale e allevamento – è infatti un ingrediente fondamentale nella produzione brassicola artigianale e industriale. La rivoluzione del gusto della birra, soprattutto artigianale, si può quindi ora arricchire di un nuovo ingrediente di alta qualità, a chilometro zero e al 100% umbro e italiano.