Due volte beccato alla guida in stato di ebbrezza e una volta trovato in possesso di cocaina. Quando gli tolgono licenza di caccia e permesso di detenere fucili e munizioni si rivolge al Tribunale amministrativo regionale: “Non è giusto, per trenta anni sono stato bravo”. Il giudice, però, non gli restituisce la licenza di caccia e lo condanna a pagare duemila euro di spese processuali.

L’uomo, difeso dall’avvocato Valeriano Tascini, si è visto respingere “l’istanza per il rinnovo della licenza di porto di fucile per uso venatorio” in quanto ritenuto non più affidabile “riguardo all’uso delle armi, tenuto conto di alcuni episodi che avevano visto il coinvolgimento dello stesso”. In particolare “una contestazione per guida in stato di ebbrezza alcolica” che aveva portato al “ritiro immediato della patente e sospensione amministrativa della stessa per mesi 3 e giorni 5”; “una seconda contestazione per guida in stato di ebbrezza alcolica” con conseguente ritiro immediato della patente e successiva revoca” e la “detenzione per uso personale di sostanze stupefacenti (quattro dosi di cocaina)”.

Secondo l’uomo, però, la Questura “non avrebbe tenuto conto delle osservazioni contenute nelle memorie” depositate, come la mancata considerazione della “condotta irreprensibile” tenuta dallo stesso in trenta anni “di attività lavorativa e di attività sportiva e ricreativa venatoria, così come nell’ambito familiare e sociale e sul luogo di lavoro”, basando il rifiuto a rinnovare la licenza di caccia solo su alcune vicenda “non sfociate in condanne penali” e “non ostative al rinnovo del titolo, avendo ad oggetto fatti non concernenti l’uso delle armi”.

I giudici amministrativi hanno voluto ribadire che “la licenza di porto d’armi non costituisce affatto oggetto di un diritto del privato nei confronti della pubblica amministrazione” e il diritto di portare armi si basa proprio sul giudizio di affidabilità del soggetto che, nel caso in questione, si è “limitato a ridimensionarne la rilevanza” dei fatti “dal suo punto di vista”. Per i giudici la guida in stato di ebbrezza e il possesso di droga non ne fanno il candidato ideale a possedere armi.


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Da qui la decisione a favore della Questura e la condanna al pagamento delle spese processuali.



Fonte articolo Perugia Today

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