Il quadro in un convegno con Procura generale e Università


(ANSA) – PERUGIA, 03 MAG – Il fenomeno della criminalità
nelle fasce più giovani della popolazione, in provincia di
Perugia non crea allarme ma è comunque una azione costante di
prevenzione, E’ il quadro scaturito da un incontro sul tema “Il
disagio giovanile tra attualità e prospettive di futuro
sostenibile” che si è svolto presso il dipartimento di Agraria,
per iniziativa dell’Università degli Studi di Perugia, della
Procura generale presso la Corte d’appello di Perugia e della
Legione carabinieri Umbria.
   
“Lo sforzo che l’Arma fa a livello nazionale è di prevenire
per evitare di reprimere poi certi fenomeni” ha detto il
colonnello Stefano Romano, comandante provinciale dei
carabinieri. “Per i singoli episodi – ha aggiunto – ci sono le
indagini e i reparti sul territorio. Vogliamo però fare uno
sforzo maggiore. Capiamo infatti che dietro alla criminalità
giovanile ci sono anche e in parte situazioni di disagio, cose
che possono essere corrette e sulle quali c’è da lavorare. Fare
una prevenzione ampia che coinvolga anche la scuola o, come in
questo caso, l’Università ci sembra la risposta migliore per un
fenomeno che non riguarda per il momento la provincia di Perugia
rispetto al quadro nazionale”.
   
Per comandante provinciale dei carabinieri “non è una
situazione problematica e il trend è costante come lo è stato
anche durante il Covid”. “E’ da immaginare – ha aggiunto – che
qualche anticorpo ci sia, funzioni e stia operando ma ci sono
ancora margini di miglioramento”.
   
“L’Arma è impegnata da sempre per la prevenzione e lo fa in
maniera strutturata” ha detto il generale Riccardo Sciuto,
comandante del raggruppamento investigazioni scientifiche. “Il
reparto che guido – ha aggiunto – ha una sezione anti atti
persecutori che si occupa proprio dell’analisi e del
monitoraggio del disagio giovanile quando sfocia in forme di
aggressività di tipo criminale e con una particolare attenzione
verso i minori. E’ formata professionisti di vari settori, come
psicologi, criminologi e informatici perché l’approccio deve
essere anche di tipo scientifico”. (ANSA).
   

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