Ci sono un milione e trecentomila opere rubate ancora da ricercare tra quelle censite nel più completo database al mondo gestito dai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale. Oltre il due per cento di questa immensa ricchezza sparita proviene da collezioni private, musei e chiese dell’Umbria. All’appello, solo nella nostra Regione, mancano 35.379 beni culturali (a fronte dei 1199 ritrovati nel corso del tempo) come la preziosa “Madonna del Melograno” rubata dalla pinacoteca di Gubbio nel 1979 e non ancora ritrovata. Ma anche la statua in terracotta della “Madonna del Pianto”…
Ci sono un milione e trecentomila opere rubate ancora da ricercare tra quelle censite nel più completo database al mondo gestito dai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale. Oltre il due per cento di questa immensa ricchezza sparita proviene da collezioni private, musei e chiese dell’Umbria. All’appello, solo nella nostra Regione, mancano 35.379 beni culturali (a fronte dei 1199 ritrovati nel corso del tempo) come la preziosa “Madonna del Melograno” rubata dalla pinacoteca di Gubbio nel 1979 e non ancora ritrovata.
Ma anche la statua in terracotta della “Madonna del Pianto” sparita dalla chiesa di San Rufino di Assisi nell’82. In tempi più recenti, quando nel 2016 il Centro Italia dovette fare i conti con un terremoto che ha lacerato intere comunità, nella chiesa di Nottoria a Norcia sparì “Il perdono di Assisi” di Joan Gallus (XVII). Opere di cui la comunità non ha mai perso memoria. “La perdita non deriva solo dal suo valore economico, ma anche da quello storico e culturale che rappresenta. Senza dimenticare quanto un’opera possa essere legata al territorio e alla comunità che l’ha custodita. Il suo furto, in questi casi, rappresenta uno sfregio e una perdita inestimabile”. Lo sa bene il tenente colonnello Guido Barbieri, dal 2018 al comando del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Perugia. “Il traffico illecito di beni culturali e opere d’arte è un business a livello internazionale, terzo solo per volume d’affari a quello di armi e droga. È un settore sensibile che coinvolge sia la criminalità organizzata che quella comune e le opere d’arte spesso fanno gola ha chi ha capitali non dichiarati al fisco. Così si affidano al mercato nero delle opere d’arte per capitalizzare l’investimento, dal momento che difficilmente questo tipo di bene subisce un deprezzamento”. Quanto è appetibile l’Umbria per i predatori dell’arte? “È una terra ricca di tesori e testimonianze storiche importanti a livello di edifici e siti archeologici che hanno fatto registrare in passato il fenomeno degli scavi clandestini. Quello dei reperti archeologici, ma anche delle opere del Rinascimento italiano e dell’arte moderna è un commercio ancora fiorente, soprattutto per i collezionisti stranieri”. Un furto rocambolesco lasciò col fiato sospeso Bettona, nel 1989. Ventinove opere d’arte, tra cui due del Perugino, furono rubate e finirono in Spagna e Inghilterra, per essere ritrovate in Giamaica due anni dopo, barattate per una partita di droga. Uno dei furti più importanti mai accaduti nella nostra Umbria, raccontato nel saggio “Detective dell’arte” del generale Roberto Riccardi, comandante del Nucleo Tpc. “La comunità non dimentica, ma continua a cercare il proprio patrimonio sottratto – spiega il colonnello Barbieri –. Nel caso di Bettona le opere tornarono a casa, ma quando sono arrivato in Umbria ho incontrato sindaci desiderosi di ritrovare opere importanti per la propria terra, come la Madonna del Melograno di Gubbio”.
Valentina Scarponi
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