Sandro Francesco Allegrini

07 settembre 2021 09:16



Evento significativo di Umbria Green Festival al Manu. Non solo mostra di Land Art, ma anche un bellissimo spettacolo (“Quando fu che il cielo cambiò colore”) sul dramma di Seveso. Un’opera cofirmata da Ilaria Falini e dal regista-attore Fulvio Pepe, dedicata all’incidente, avvenuto a Seveso il 10 luglio del 1976. Spettacolo gradevolmente introdotto da Chiara Argenti e dal saluto di accoglienza della direttrice Maria Angela Turchetti. La quale sostiene come il nesso fra il luogo e il contenuto dello spettacolo sia tutt’altro che peregrino. Per il rapporto di interconnessione fra archeologo e studioso di scienze della Terra, per il senso del sacro e di rispetto per l’ambiente di cui entrambi sono permeati. Lo spettacolo nasce da un testo di Fulvio Pepe cui Ilaria Falini si dà anima e corpo, fra commozione e concretezza, fra cronaca e scandalo, fra esempi di egoismo e di sacrificio.


L’egoismo della multinazionale ICMESA di Meda, emanazione della Roche. Eroismo di gente comune, come un operaio, un sindaco, un chimico. L’abbrivo fornito dalla Falini si lega all’esperienza di alunna alla media Moneta di Marsciano, con compagni di scuola fragili o prepotenti. Quando un compagno taciturno e occhialuto si oppone alla prepotenza di un ragazzo che perseguita un alunno debole. Si può, dunque, essere eroi anche senza emulare Superman o Spiderman. Riveliamo agli amici lettori che Ilaria è lattata da Giampiero Frondini e Claudio Carini, dal Cut di Roberto Ruggeri, quindi Ronconi… per poi prendere il volo in produzioni di rilevanza nazionale.


Ma cos’è l’eroismo? Si chiede la Falini. Che passa disinvoltamente dallo scandalo alla commozione, proponendo anche estratti di testimonianze da tribunale e da commissione parlamentare. Materiali preziosi e rari, rocambolescamente ottenuti. Il pubblico ripercorre i sentieri della memoria di quando, a causa dell’esplosione di un silos alla ditta Icmesa, una vasta fetta di territorio di Seveso e zone circostanti furono irrimediabilmente inquinati, con danno a carico di persone e animali.


Ilaria Falini è dotata di una robusta preparazione attoriale, che include anche una straordinaria versatilità nell’uso dei dialetti di tutto lo Stivale. E soprattutto si rivela capace di entrare in sintonia col pubblico. Insomma: lo spettacolo di affabulazione, con cui si definisce oggi il monologo, dimostra ancora una grande vitalità. Superando le secche della povertà dell’allestimento. E affidandosi in toto alla capacità – stavo per dire “genialità” – di un’attrice di sicura presa sul pubblico



E c’è spazio per un toccante ricordo legato alla scomparsa di Federico Fiorenza, fecondo uomo di teatro. Con la violinista Caterina Laura che ha sottolineato gli snodi della vicenda narrata, eseguendo brani di Bach. Contrappunto fra dramma e levità.









Fonte articolo Perugia Today

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