Negli ultimi dieci anni il numero degli artigiani – titolari, soci e collaboratori delle botteghe – iscritti all’Inps è crollato di quasi 300 mila unità. L’Ufficio studi della Cgia parla di un’emorragia continua che sta colpendo, in particolar modo, l’artigianato tradizionale. Ecco cosa dicono i numeri.

Sono molti i mestieri artigiani in via di estinzione. Lo segnala l’Ufficio studi della Cgia e le cause che hanno provocato questa situazione sono molteplici: innanzitutto sono cambiati i comportamenti d’acquisto dei consumatori, poi le nuove tecnologie hanno spinto fuori mercato tante attività manuali e la cultura dell’usa e getta ha avuto il sopravvento su tutte le altre, penalizzando coloro che del riuso e della riparazione di oggetti e attrezzature ne avevano fatto una professione.

I mestieri artigianali in declino

I mestieri artigiani tradizionali in declino sono:

  • autoriparatori (verniciatori, battilamiera, meccanici)

  • calzolai

  • corniciai

  • fabbri

  • falegnami

  • fotografi

  • impagliatori

  • lattonieri

  • lavasecco

  • materassai

  • orafi

  • orologiai

  • pellettieri

  • restauratori

  • ricamatrici

  • riparatori di elettrodomestici

  • sarti

  • stuccatori

  • tappezzieri

  • tipografi

  • vetrai

Per contro, invece, i settori artigiani che stanno vivendo una fase di espansione importante sono quelli delle aree appartenenti al benessere e all’informatica. Nel primo, ad esempio, si continua a registrare un forte aumento degli acconciatori, degli estetisti, dei massaggiatori e dei tatuatori. Nel secondo, invece, sono in decisa espansione i sistemisti, gli addetti al web marketing, i video maker e gli esperti in social media. L’aumento di queste attività, però, è insufficiente secondo la Cgia a compensare il numero delle chiusure presenti nell’artigianato storico, con il risultato che la platea degli artigiani è in costante diminuzione.

Le province più colpite dalla riduzione del numero degli artigiani secondo la Cgia sono state Rovigo (-2.187 pari a una variazione del -22,2 per cento), Massa Carrara (-1.840 pari a -23 per cento), Teramo (-2.989 pari a -24,7 per cento), Vercelli (-1.734 pari a -24,9 per cento) e Lucca (-4.945 pari a -25,4 per cento). Delle 103 province monitorate in questo ultimo decennio, solo Napoli ha registrato una variazione positiva (+58 pari al +0,2 per cento).

Fonte Agi

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