Difendere i diritti di lavoratrici e lavoratori degli appalti confermando l’obbligatorietà della clausola sociale nei bandi di gara, quella che garantisce il riassorbimento del personale nel passaggio tra aziende: è quanto hanno chiesto stamattina i sindacati Cgil, Cisl e Uil dell’Umbria ai parlamentari eletti nella nostra regione in un incontro presso la Camera del Lavoro di Perugia – e a distanza – convocato in vista della discussione del Ddl appalti alla Camera dei Deputati.
Un decreto che, sebbene veda l’importante conferma e introduzione di norme che i sindacati hanno sempre richiesto e giudicano positivamente, come il rispetto del Ccnl afferente al settore sottoscritto dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative, l’applicazione delle medesime tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto, l’esclusione dei costi della manodopera e della sicurezza dai ribassi di gara, presenta, invece una norma negativa e grave che vanifica l’effetto di tutto quanto fatto di positivo. Il testo prevede infatti la facoltà – e non l’obbligo – di inserire clausole sociali nei bandi di gara. Un aspetto che, dicono i sindacati, se confermato, segnerebbe un “pericoloso arretramento” in termini di tutela per le lavoratrici e i lavoratori e un “illogico passo indietro” di ben sei anni.
“Riteniamo profondamente sbagliato, e per questo da correggere, inserire tale facoltà, quando il Codice dei Contratti Pubblici, all’art. 50, prevede l’obbligo di inserimento di specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità e continuità occupazionale del personale impiegato, obbligo mai contestato in alcuna sede – hanno osservato nell’incontro i rappresentanti dei sindacati umbri – L’applicazione di questa modifica, se confermata, avrebbe ricadute pesantissime per centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori che, anche in Umbria, prestano la propri opera in appalti pubblici, in maggioranza donne e con part time involontari e fatti anche di pochissime ore settimanali”.
Parliamo di donne e uomini che puliscono e sanificano i nostri ospedali e distretti sanitari, ma anche le sedi della Regione, i Comuni, i tribunali e le prefetture. Cuochi delle mense delle nostre scuole ed università, autisti del pulmino che porta all’asilo i bambini delle materne. Sono definiti essenziali e di pubblica utilità anche per i servizi socio assistenziali e domiciliari per le persone fragili ed i nostri anziani. “Non è ammissibile che con la scusa della semplificazione, si proceda ad una deregolamentazione a danno delle lavoratrici e dei lavoratori – hanno detto ancora i rappresentanti di Cgil ,Cisl e Uil – per questo ci siamo rivolti a voi parlamentari, affinché, consapevoli delle gravi ricadute, possiate intervenire ed operare per prevedere l’esclusivo obbligo di inserimento di clausole sociali nei bandi di gara, con piena conferma di quanto previsto dall’attuale art. 50 del Codice dei Contratti Pubblici, al fine di non ridurre le tutele ed impedire che ogni cambio di appalto si trasformi in un campo di battaglia con conseguente perdita di posti di lavoro e di reddito”.
Infine i sindacati hanno spostato l’attenzione sulla situazione regionale: “Nel 2022 – hanno concluso – non abbiamo ancora una legge, né un protocollo né un tavolo, caso unico in Italia, per affrontare il grande tema degli appalti pubblici e privati, spesso infestati da infiltrazioni malavitose, corruzione ed evasione fiscale. Intervenire in questa giungla non solo è una battaglia di giustizia e di dignità a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, ma è anche una necessità per il bene della collettività che usufruisce di questi pubblici servizi”.