Cittadinanza universitaria, abolizione del numero chiuso per l’ingresso a Medicina e creazione di nuovi alloggi per gli studenti fuori sede sono alcune delle proposte avanzate dai partiti in vista delle elezioni del 25 settembre. L’obiettivo resta quello di potenziare l’università e aumentare il numero di laureati in Italia, ma molto spesso a rimanere irrisolto è il nodo risorse. Ecco i punti chiave nei programmi delle principali forze politiche a confronto.

di Miriam Luciani

Qualsiasi sia la voce consultata, i dati relativi alla formazione universitaria in Italia descrivono un quadro tutt’altro che positivo. Secondo Eurostat, nel 2021 solo il 28% dei giovani tra i 25 e i 34 anni risultava in possesso di un titolo di laurea, contro una media europea del 41%. Un dato che relega l’Italia nelle posizioni più basse della classifica europea, sopra solo la Romania. Il numero di Neet, ovvero i ragazzi che non studiano e non lavorano, tra i più alti in Europa, e i pochi fondi destinati all’istruzione terziaria, pari allo 0,6% della spesa pubblica, completano il quadro.

Eppure nei programmi elettorali che i partiti hanno stilato in vista delle elezioni politiche del 25 settembre, l’argomento non sempre trova il giusto spazio e spesso la questione è risolta con generiche formule. Tra i vari “più investimenti”, “maggiore incontro tra università e mondo del lavoro”, “più sostegni agli atenei svantaggiati”, è possibile rintracciare però alcune proposte più specifiche, anche se non sempre supportate da un’indicazione delle risorse disponibili né tantomeno delle modalità con cui reperirle. Vediamole in dettaglio.

Dal “welfare studentesco” alla digitalizzazione: cosa propone il Pd

In tema di sostegno finanziario all’istruzione universitaria, il Partito democratico insiste in particolare su due punti, ovvero l’innalzamento della soglia della “no tax area” e la creazione di un sistema di welfare studentesco, “perché tutti possano accedere alla formazione superiore secondo i propri talenti e aspettative, indipendentemente dalle condizioni sociali”.

All’interno dell’idea di welfare pensato dai democratici rientrano il riconoscimento dell’assistenza sanitaria e del diritto di voto in loco ai fuorisede, ma il focus del programma è sul “potenziamento dell’edilizia universitaria“. Obiettivo: triplicare attraverso i fondi del Pnrr i posti per gli studenti e le studentesse, portandoli da quarntamila a centomila.

La digitalizzazione è un altro punto d’interesse del Pd. Tra le proposte per realizzarla c’è lo stanziamento delle risorse necessarie per permettere l’acquisto di un computer a tutti gli studenti delle scuole (medie e superiori) e delle università – o di altri enti di istruzione terziaria – con un reddito medio o basso, nell’ambito dell’istituzione di un Fondo nazionale per il diritto alla connessione digitale.

Un’università “a misura di lavoro”: la linea di FdI e Lega

Potenziare l’incontro tra università e mondo del lavoro è l’obiettivo a cui dovrebbe mirare la politica secondo la coalizione di centrodestra. Un obiettivo comune che però segue direttive diverse nei programmi delle singole forze politiche. Se infatti il potenziamento del prestito d’onore – cioè a tasso agevolato – è un punto in comune a Fratelli di Italia (FdI), Forza Italia (FI) e Lega, i tre i partiti puntano su obiettivi in parte diversi.

La proposta di Forza Italia si concentra sul “potenziamento dell’impiantistica sportiva” e sulla creazione di borse di studio per meriti sportivi, sebbene non vengano indicate nel dettaglio le risorse a cui attingere. Incentivare le iscrizioni in corsi di laurea Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) è invece un’indicazione che accomuna i tre partiti.

Nello specifico, la Lega punta a incentivare la presenza femminile in questi corsi di laurea, ancora caratterizzati da una netta maggioranza di studenti maschi. A questo fine, il partito di Matteo Salvini propone “il cofinanziamento dello Stato per le rette universitarie delle donne che si iscrivono a corsi di laurea tecnico-scientifici e creazione di borse di studio dedicate”. Altra proposta del partito è quello di creare uno “stipendio dello studente” per chi è in corso e con una media di eccellenza, purché iscritto a un corso Stem.

Sempre per favorire l’incontro con il mondo del lavoro Fratelli d’Italia propone invece di “ridurre di un anno il percorso di studio scolastico, a parità di monte ore totale, per consentire ai giovani di diplomarsi a 17-18 anni”. Altra ipotesi avanzata dal partito di Giorgia Meloni sarebbe quella di stanziare dei fondi per premiare le università che immettono subito gli studenti nel mondo del lavoro.

Come il Pd, anche FdI ha fatto del sostegno alla residenzialità uno dei punti della propria proposta elettorale, da realizzare attraverso un fondo affitti post-Covid per favorire il rientro in presenza degli studenti fuorisede. Una proposta che però anche in questo caso non è accompagnata da un piano di risorse da destinarvi né da ulteriori dettagli su requisiti o modalità di accesso.

La questione del numero chiuso a Medicina: dalla Lega al M5s

La pandemia e l’emergenza sanitaria hanno costretto l’Italia a fare i conti con un dato di fatto: nel Paese non ci sono abbastanza medici e la situazione è destinata a peggiorare. Partendo da questo assunto, diverse forze politiche hanno fatto della questione del numero chiuso per iscriversi alla facoltà di Medicina un argomento di dibattito, finito anche nei programmi elettorali.

Mentre il Movimento Cinque stelle (M5S) si limita a proporre una generica riduzione del numero chiuso, Italexit – il partito fondato dall’ex pentastellato Luigi Paragone – opta per la netta eliminazione di ogni vincolo numerico. Su questa linea si colloca anche la Lega, che però propone un diverso modello di selezione, ‘alla francese’: “tutti i candidati – si legge nel programma – potranno iscriversi e frequentare un primo semestre comune”, al termine del quale sarà previsto un test nazionale sulle materie studiate.

Le proposte degli altri partiti

Tra le maggiori forze politiche candidate alle elezioni anche il Terzo polo dedica al miglioramento del sistema università alcuni punti del proprio programma elettorale. Tra i più innovativi c’è la proposta di trasformare gli atenei in fondazioni di diritto privato a capitale pubblico. “Le università sono realtà di mercato. Ma in Italia il contesto giuridico all’interno del quale si muovono gli atenei è quello del diritto amministrativo, che per sua natura regola le realtà non di mercato”, spiega la coalizione formata da Italia viva di Renzi e Azione di Calenda.

Meno identitarie, ma comunque sviluppate dal Terzo polo, sono le proposte che riguardano il sostegno agli studenti fuorisede e l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni.

Il primo punto prevede un supporto alla residenzialità per tutti gli studenti fuori sede fino a quattro anni. Punto cardine di quella che il Terzo polo definisce “cittadinanza universitaria”, ovvero un insieme di servizi riconosciuti allo studente, simile in parte al welfare proposto dal Pd. Questi comprenderebbero, come nel progetto dei democratici, il diritto di voto in loco.

In comune con Più Europa di Emma Bonino è invece la proposta di portare da 16 a 18 anni l’obbligo scolastico e allo stesso tempo rivedere il percorso formativo così da permettere ai giovani di concludere il ciclo di istruzione secondaria entro i 18 anni. Obiettivo ultimo sarebbe ancora una volta la possibilità di anticipare l’ingresso nel mondo del lavoro, avvinando l’Italia “agli standard europei”.

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