Encomi, elogi e ricompense.
Riconoscimenti ufficiali addirittura per le sue “notevoli doti
di riservatezza e lealtà” e per la sua condotta morale definita
“irreprensibile”. I documenti con cui tra il 2018 e il 2019
l’allora procuratore antimafia, Federico Cafiero de Raho,
metteva in evidenza le qualità di Pasquale Striano assumono oggi
i contorni del grottesco se messi in relazione con l’inchiesta
della procura di Perugia che considera lo stesso Striano una
delle menti dietro al cosiddetto caso dossieraggio denunciato
dal ministro della Difesa, Guido Crosetto.
A rivelare il retroscena è stato Michele Carbone, il capo
della Dia, davanti ai parlamentari della commissione Antimafia.
“Per attività di servizio svolte presso la Direzione
investigativa antimafia – ha detto -, a Striano sono state
attribuite 8 ricompense morali, quattro elogi e quattro encomi
semplici”. Si tratta di riconoscimenti ufficiali assegnati dal
procuratore al luogotenente della Finanza che, cinque anni dopo,
sarebbe finito sulle prime pagine di tutti i giornali per gli
accessi non autorizzati nelle banche dati della Procura
antimafia.
In una nota del 15 febbraio 2019, si legge che “Pasquale
Striano ha evidenziato notevoli doti di riservatezza e lealtà,
un’elevata ed approfondita preparazione tecnico professionale,
piena disponibilità ed alto senso del dovere, instaurando ottimi
rapporti interpersonali sia con i magistrati dell’ufficio che
con il restante personale amministrativo e delle forze di
polizia”. Parole che, lette oggi, lasciano sorpresi.
“In particolare – ha spiegato il capo della Dia – l’ispettore
nel periodo in esame ha svolto un ruolo fondamentale nell’ambito
delle attività pre-investigative poste in essere dal predetto
gruppo di lavoro circostanziatesi nello svolgimento di delicate
analisi operative nel settore per le segnalazioni a contrasto
della criminalità organizzata, permettendo allo stesso
procuratore nazionale antimafia di esercitare in pieno le
funzioni di coordinamento e di impulso demandategli dalla
legge”.
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