Prof. Ordinario di Geografia presso l’Università degli Studi di Perugia, dipartimento di Lettere.
(ASI) L’attività scientifica del professore si sviluppa sull’approfondimento di molteplici questioni legate alla geografia, in particolare le relazioni che si instaurano nel rapporto uomo-ambiente.
Professor De Santis, geografia umana e cambiamenti climatici, quale rapporto?
La geografia umana segue la distribuzione dell’uomo nello spazio e tratta delle relazioni tra quest’ultimo e l’ambiente. L’influenza umana sul clima, negli ultimi anni, è charamente evidente e ciò è dimostrato dall´aumento della concentrazione di gas serra, dalle radiazioni nell´atmosfera, dall´aumento del riscaldamento e dall’ intensa variabilità del clima. L’effetto serra, va precisato, è un fenomeno estremamente naturale, senza questo non ci sarebbe neanche la vita sulla terra perché rappresenterebbe uno strato molto sottile che copre l’atmosfera terrestre e permette ai raggi del sole di entrare senza che avvenga, però, un’eccessiva dispersione di calore. Il problema è che l’emissione di tutta una serie di gas, come l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), il protossido di azoto o ossido di diazoto (N2O) e l’ozono (O3) , ha generato l’inspessimento di questo strato, comportando un aumento costante delle temperature.I raggi solari a corta lunghezza d’onda penetrano facilmente nell’atmosfera raggiungendo in buona parte la superficie del pianeta, dove vengono in parte riflessi ed in parte assorbiti dalla superficie e convertiti in calore. L’interferenza dei gas serra alla dissipazione della radiazione infrarossa terrestre comporta l’accumulo di energia termica in atmosfera e quindi l’innalzamento della temperatura superficiale fino al raggiungimento di un punto di equilibrio termico-radiativo tra radiazione solare in arrivo e radiazione infrarossa in uscita.
In pratica i raggi del sole entrano nell’atmosfera, ma il calore, oltre ad essere trattenuto come di consueto, resta intrappolato, generando un forte surriscaldamento dell’area in oggetto.
L’azione dell’uomo sul clima
L’influenza dell’uomo sul clima ha avuto inizio con lo sviluppo dell’agricoltura e la conseguente deforestazione dei boschi, convertiti in terre coltivabili e pascolabili. Queste attività umane, incrementando la presenza di gas serra che hanno alterato la composizione chimica dell’atmosfera.
I gas presenti nell’atmosfera avrebbero il compito di catturare l’energia solare, trattenendo così parte del calore in modo che la temperatura sulla terra, che atrimenti sarebbe notevolmente inferiore (meno venti gradi), possa essere invece più favorevole per la vita (più quindici gradi).
Tuttavia quando la concentrazione di questi gas serra nell’atmosfera subisce un incremento, come è successo in questi ultimi decenni con il biossido di carbonio aumentato del 30%, l’ossido d’azoto del 15% e il metano raddoppiato, anche l’effetto serra si eleva comportando un innalzamento della temperatura terrestre con conseguenze sul clima e l’ambiente. Gli scienziati ravvedono in questo mutamento per l’appunto, una causa antropica come l’emissione di biossido di carbonio, con il gas di scarico degli autoveicoli, delle fabbriche e del riscaldamento domestico, accompagnate dalla deforestazione e dalla desertificazione.
Tanto è vero che nel ventesimo secolo si sono registrati gli anni più caldi della storia della terra con un incremento costante della temperatura e dei gradi centigradi.
Quali sono le conseguenze catastrofiche dell’aumento di temperatura?
Le conseguenze sono ormai ben note. In primis il disgelo dei grandi ghiacciai del mare Artico la cui perdita determina una maggiore emissione di metano con gravi ripercussioni sul clima.
A questo proposito si rileva che tra le zone più critiche a livello mondiale figura anche il delta del Po con gravi rischi quindi per la Pianura Padana e la costa romagnolo- veneta. Ma ancora si possono qui ricordare anche le precipitazioni violente e catastrofiche che si registrano in questi ultimi decenni, l’intensificarsi di uragani che distruggono in modo particolare le coste, le tempeste tropicali di inaudita violenza, insoliti casi di siccità che hanno interessato anche l’Italia.
Il flusso migratorio è legato ai cambiamenti climatici?
Sicuramente. Guardiamo alla desertificazione: in prima istanza, diminuiscono le produzioni agricole e numerosi paesi subiscono danni gravissimi, sino a soffrire la fame. In questo caso si avverte la necessità di avere i finanziamenti e le derrate alimentari dall’esterno, condizione, tuttavia, non sempre risolutiva. Secondo una stima della Banca Mondiale, più di 200 milioni di persone potrebbero essere costrette a emigrare a causa della mancanza d’acqua entro il 2050 e sono 129 i Paesi che vedranno aggravarsi i propri problemi di siccità legati agli effetti del cambiamento climatico. Tralasciando le guerre e quindi le carestie, questo tipo di situazione spinge i popoli a spostarsi alla ricerca di nuovi territori: ecco l’emigrazione.
Quale futuro ?
La mitigazione climatica, ovviamente necessaria, da sola non basta. Bisogna rigenerare. È necessario riportare la materia organica nel terreno, adottare pratiche di agricoltura rigenerativa, controllare l’erosione, fermare la cementificazione e lo sconsiderato consumo di suolo, efficientare l’utilizzo dell’acqua adottando, ovunque sia possibile, un approccio circolare e, naturalmente, bisognerà imparare ad adattarsi, ad essere più resilienti, a far tesoro di ogni singola goccia.
Emilio Cassese – Agenzia Stampa Italia