Una situazione desolante sembra essere quella in cui verserebbe l’organizzazione lavorativa all’aeroporto San Francesco di Assisi, secondo Gianni Martifagni, segretario generale aggiunto della Cisl Fit. Secondo Martifagni sembrerebbe, infatti, che all’aeroporto dell’Umbria sia affetto dalla piaga del ricorso sistematico a lavoratori non qualificati e con una mole di compiti ed orari vessanti. Avere uno scalo aeroportuale operato da personale non qualificato, ed assunto in numero insufficiente, può rappresentare una minaccia tanto per i passeggeri e l’utenza, quanto per la ripresa economica e per il futuro dell’Umbria? Facciamo il punto con il segretario Martifagni che ringraziamo per la cortese intervista esclusiva concessa alla nostra rubrica.


Aeroporto San Francesco: c’è qualcosa che proprio non sembra funzionare, o è solo un’impressione?


“Diciamo che, come ormai avete avuto modo di leggere anche su altre testate, abbiamo dovuto (dico “dovuto” perché ce l’hanno letteralmente tolto di mano), aprire le procedure di raffreddamento per una situazione che è ormai fuori da ogni controllo normale. Parlo delle carenze strutturali che oggi abbiamo al San Francesco di Assisi. Come ho già detto anche altre volte, si tratta di carenze che potevano essere evitate, ma che adesso però stanno dando ormai una non perfetta continuità a quello che era l’aeroporto pre-covid. La situazione al tempo vedeva un quadro dove comunque le risorse c’erano, dove le risorse erano assolutamente funzionali, certificate e con esperienza, e, in qualche modo, se vi ricordate, nell’anno 2019, si era potuti giungere ad un complessivo di passeggeri prossimi ai 270.000. Alla ripresa post-Covid, dove è diventata una giungla da parte delle compagnie, da parte degli aeroporti per accaparrarsi voli. Mentre da parte delle compagnie è avvenuto lo stesso per accaparrarsi tracce e tratte. Noi ci aspettavamo, dal punto di vista tecnico, di arrivare preparati a questo appuntamento (la ripartenza). Ma come ci si doveva arrivare preparati? Ci si doveva arrivare con il numero medio (cioè non il massimo, ne il minimo) per dare risposta a quelle che sono tutte le fasi che oggi deve affrontare un passeggero all’interno dell’aeroporto. Dall’accoglienza (Frontline), alla sicurezza, agli addetti alla rampa, che prefigura l’ultimo accesso al volo. Queste sono le tre fasi che compongono i filoni principali dell’aeroporto. Oggi noi siamo carenti in tutte e tre le fasi. La carenza in tutti e tre i filoni determina una machiavellica ricerca di persone ai “limiti” delle competenze, non strutturali (come dovrebbero essere), non fortemente preparate (come dovrebbero essere), e si finisce per tirare la coperta quando tutti quanti sappiamo che la coperta e fin troppo corta”.


Ma questi aspetti sono solo burocratici e attinenti al mondo dei lavoratori, dei loro contratti e della funzionalità del lavoro all’interno dell’aeroporto, o rappresentano carenze che si ripercuotono sui passeggeri e sulla qualità del servizio offerto?


“Questi non sono aspetti burocratici. Non stiamo contestando che manca un tecnico al computer o un valido impiegato amministrativo. Qui stiamo dicendo che mancano quelle figure certificate da enti che fanno parte della filiera all’interno dell’aeroporto. In pratica, fasi del servizio che dovrebbero essere svolte da personale certificato e professionalizzato e, possibilmente anche con esperienza, vengono invece svolte da personale che non rispecchia questi punti imprescindibili e che peraltro opera anche in numero insoddisfacente. Quindi, stando in tale situazione di carenza abbiamo personale che viene sottoposto a turni sproporzionati da 10 giornate consecutive, con un abuso sistematico degli straordinari (che già la metà di quanto sono sarebbero già troppi), e andando anche diminuire quella che sarebbe forza lavoro necessaria per poter svolgere correttamente il servizio delle 3 fasi che dicevo precedentemente”.


Per i passeggeri e per l’utenza che significa tutto ciò?


“Tutto ciò significa ovviamente una carenza. Mi viene in mente l’atro giorno due voli che sono partiti in ritardo perché non c’erano il numero di banchetti adeguati per quanto riguarda il Frontline. Per una compagnia come Ryanair che si vanta di arrivare sempre puntuale, non so quanto possa piacere fare un ora e mezza di ritardo per cause strutturali dell’aeroporto. Come ho già detto prima le compagnie cercano di accaparrarsi le tratte con i servizi migliori. Cose del genere sono deleterie. Fattori del genere sono tutti in controtendenza con una ripresa post-covid che dovrebbe invece essere molto più strutturale. Non chiedo una cattedrale nel deserto. Ma c’è comunque bisogno di una forza media che garantisca quanto meno quelle che sono le esigenze del periodo di normale esercizio dello scalo. Nei dettami contrattuali esistono punti e normative che certificano come reperire personale adeguatamente preparato e formato in numero adeguato”.


Come Cisl Fit, cosa suggerireste per ovviare a queste carenze?


“Noi andremo alla riunione in programma giovedì prossimo (9 settembre) chiedendo un accordo quadro, che ciò garantisca un bacino di personale cui poter attingere nei momenti in cui l’aeroporto ne ha più bisogno. Io non mi scandalizzo a sentire parlare di lavoratori stagionali. Purché siano persone competenti, preparate e certificate, che abbiano un contratto di riferimento che è quello che deve essere (contratto da personale aeroportuale)”.


In tutto ciò cosa spetterebbe di fare alla politica regionale?


“Questa è la parte tecnica, la parte organizzativa che è fortemente carente. Plaudo alla parte politica che invece finalmente ha dimostrato interesse, dove finalmente la Regione sta investendo in una aeroporto degno come quello del San Francesco di Assisi. Però gli investimenti che fa la Regione devono essere finalizzati. Non possono essere sperperati. Ci vuole un crono programma ben preciso. Ci vuole una costruzione di un bacino di voli che sia coerente e confacente all’aeroporto San Francesco, che non vada in subordine ad altri aeroporti nelle nostre vicinanze. Chiediamo quindi che abbiano caratteristiche di “certezza” e che siano strutturati e modulati sul nostro bacino di utenza”.


Lo spazio della rubrica, e il responsabile della stessa, restano a disposizione per eventuali repliche secondo le normative del diritto giornalistico all’informazione.




 









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